Salvare il Risparmio per fermare la Guerra
Vincenzo Angelini 1. L'Europa del riarmo
L'Unione Europea, e in particolare il cosiddetto "gruppo dei volenterosi" di cui fa parte anche l'Italia,
sembra aver imboccato la strada del riarmo con l'obiettivo di prepararsi a un possibile conflitto con la
Russia.
La Commissione Europea ha varato un piano imponente da 800 miliardi di euro denominato "ReArm
Europe – Readiness 2030", finalizzato a rafforzare le capacità difensive del continente.
Per sostenere questo progetto, Bruxelles ha ideato due strumenti finanziari:
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il programma SAFE (Simple Agreement for Future Equity), da 150 miliardi, destinato all'industria europea della difesa;
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e la Saving and Investment Union (SIU), una sorta di unione dei risparmi e degli investimenti, che dovrebbe mobilitare i restanti 650 miliardi entro il 2030.
Dietro l'obiettivo ufficiale della "sicurezza europea" si nasconde però, secondo molti osservatori, un rischio concreto: quello di attingere ai risparmi dei cittadini per finanziare l'apparato bellico del continente.
Da qui la domanda cruciale: che cosa può fare il cittadino italiano ed europeo per salvare i propri risparmi e, con essi, fermare la corsa verso la guerra?2. Il potere della narrazione
George Orwell, nel suo celebre 1984, scriveva:
"Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato." Un pensiero che oggi appare più attuale che mai.La propaganda del presente riscrive il passato e orienta il futuro.
Dal 22 febbraio 2022, data dell'invasione russa dell'Ucraina, l'informazione occidentale si è schierata in modo compatto a sostegno di Kiev, descrivendo l'Ucraina come "Paese aggredito" e la Russia come "Paese aggressore".
Questa narrazione, tuttavia, ignora o minimizza una parte importante del contesto precedente al conflitto:
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l'allargamento della NATO a Est, nonostante gli accordi del 1990 tra James Baker e Michail Gorbaciov;
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le violenze contro la popolazione russofona in Ucraina, tra cui la strage di Odessa del 2 maggio 2014;
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il mancato rispetto degli Accordi di Minsk del 2015, che prevedevano autonomia per le regioni di Donetsk e Luhansk.
Cancellando questi passaggi, la storia recente viene ridotta a un racconto binario: "aggressore" contro
"aggredito".
Da qui la giustificazione morale e politica per un crescente coinvolgimento militare dei Paesi NATO a
fianco di Kiev.
A questa semplificazione si aggiunge un'altra narrazione: "La Russia non si fermerà all'Ucraina, ma
vorrà conquistare tutta l'Europa, fino a Lisbona."
Eppure, come ricordano i dati, la Russia è un Paese vastissimo (17 milioni di km2 contro i 10
dell'Europa), con immense risorse naturali e una densità abitativa nove volte inferiore.
Che interesse avrebbe, dunque, ad annettere un continente in declino demografico ed economico?
3. Il piano da 800 miliardi
Il 6 marzo 2025, il Consiglio Europeo ha approvato — con una procedura d'urgenza basata sull'articolo
122 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, normalmente riservato alle calamità naturali
— il piano Readiness 2030, senza l'avallo del Parlamento europeo.
Un atto che ha suscitato polemiche, tanto che la Commissione Giuridica (JURI) del Parlamento ha
bocciato il provvedimento all'unanimità. Ma la presidente Ursula von der Leyen è andata avanti
noncurante delle riserve dei rappresentanti eletti dai popoli europei..
Il piano prevede 800 miliardi di investimenti nel riarmo, così suddivisi:
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150 miliardi per il programma SAFE, accessibile anche al Regno Unito nonostante la Brexit;
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650 miliardi da reperire entro il 2030 attraverso l'Unione dei Risparmi e degli Investimenti (SIU).
Il presidente del Consiglio italiano ha spiegato:
"Gli 800 miliardi si compongono di due voci: 150 miliardi in prestiti garantiti dall'UE e 650 miliardi derivanti da un eventuale indebitamento nazionale aggiuntivo fino all'1,5% del PIL, al di fuori dei vincoli del Patto di Stabilità."
Un piano colossale, che rischia di incidere direttamente sui bilanci pubblici e, indirettamente, sui risparmi privati dei cittadini europei.
4. Propaganda e casi mediatici
Per preparare l'opinione pubblica al riarmo, negli ultimi anni si è assistito a una serie di episodi mediatici che hanno alimentato il clima di tensione con Mosca — spesso poi smentiti dai fatti. Alcuni esempi:
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Settembre 2022: il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream viene attribuito immediatamente alla Russia. Mesi dopo, emergono prove di un coinvolgimento ucraino con l'arresto in Italia di Serhii Kuznietzov uno degli attentatori.
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Novembre 2022: un missile cade in Polonia causando due morti. Zelensky accusa Mosca, ma si scopre che si trattava di un missile ucraino come ha dovuto ammettsre succerssivamente l'allora Segretario della Nato Stoltenberg.
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Agosto 2025: l'assassinio a Leopoli dell'ex presidente del Parlamento ucraino Andrij Parubij viene attribuito ai servizi russi, ma l'autore ucraino confessa un movente personale.
• Settembre 2025: diversi episodi – dal presunto sabotaggio del volo di Ursula von der Leyen ai "droni russi" in Polonia e Scandinavia – vengono poi ridimensionati o smentiti dalle stesse autorità nazionali.
Il filo conduttore è sempre lo stesso: la Russia come minaccia permanente. Una retorica che, più che informare, serve a giustificare il riarmo europeo. Come ha dichiarato la stessa Von der Leyen:
"Se l'Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra."
Parole che, di fatto, sembrano avvicinare il continente proprio a ciò che si vorrebbe evitare.
5. L'Unione dei Risparmi e il rischio per i cittadini
Ma dove verranno trovate le risorse per finanziare questo piano da 800 miliardi?
L'UE dispone di un bilancio limitato, basato su dazi doganali, quote IVA e alcune risorse proprie come
la Plastic Tax o il CBAM.
Ecco allora l'idea lanciata da Mario Draghi ed Enrico Letta: creare un'unione dei risparmi e degli
investimenti che mobiliti il capitale privato giacente sui conti correnti, in aggiunta a quello dei fondi
pensione e delle compagnie assicurative.
Draghi è stato esplicito:
"In gran parte le risorse dovranno venire dai risparmi privati. Noi europei risparmiamo moltissimo: non possiamo lasciare inutilizzate tutte queste risorse."
Anche Von der Leyen ha confermato:
"Trasformeremo i risparmi privati in investimenti necessari."
In altre parole, l'obiettivo è far confluire una parte dei 10.000 miliardi di euro depositati sui conti correnti europei — di cui 1.500 miliardi solo in Italia — nel fondo SIU per finanziare la difesa comune.
Il meccanismo prevede la creazione di un Ente Europeo per il Riarmo, che utilizzerà i risparmi dei
cittadini per emettere BTP europei destinati alla produzione di armi.
Un'operazione che rischia di ridurre la libertà dei risparmiatori, trasformando il risparmio privato in
capitale di rischio.
6. Come si mobilitano i risparmi
In teoria, le banche già investono parte delle giacenze dei conti correnti, ma lo fanno a proprio nome e
rischio.
Nel progetto della Commissione, invece, sarebbero i cittadini stessi — pensionati, lavoratori, piccoli
risparmiatori — ad assumersi il rischio dell'investimento.
Il SIU prevede prodotti di risparmio e investimento a basso costo, accompagnati da incentivi fiscali o
da tasse dissuasive sui conti correnti inattivi.
Un modello simile all'ISK svedese (Investment Saving Account) , un conto d'investimento non
vincolato ma tassato in base al rendimento teorico, con il quale in autonomia i risparmiatori
acquistano titoli e fondi comuni.
In Italia, oggi, sui conti correnti gravano imposte di bollo di 34,20 euro (per persone fisiche) e 100 euro
(per giuridiche) sopra i 5.000 euro di giacenza media mensile.
È facile immaginare che Bruxelles possa introdurre meccanismi fiscali progressivi per "spingere" i
cittadini a investire nel fondo SIU, pena l'aumento della tassazione sui depositi.
7. Chi guadagna dal riarmo
Le principali aziende europee della difesa hanno già beneficiato del clima di tensione.
Dal 2022 le azioni di Rheinmetall, Thales e Leonardo sono cresciute rispettivamente del 203%, 65%
e 100%.
Il settore militare, in piena espansione, diventa così anche il principale beneficiario di questa nuova
politica economica basata sulla paura del conflitto e sul quale performano le principali corporazioni
finanziarie come BlackRock, State Street e Vanguard.
8. L'alternativa: difendere i risparmi e la sovranità
In Italia i conti correnti contengono circa 1.500 miliardi di euro, pari al 48% del totale dei risparmi
nazionali.
Il restante 52% è investito in fondi, azioni e titoli di Stato.
Proprio su questi ultimi il governo ha avviato una strategia per "giapponesizzare" il debito pubblico,
cioè spostare la detenzione dei titoli verso i risparmiatori domestici.
Negli ultimi due anni la quota di obbligazioni a medio-lungo termine in mano alle famiglie italiane è
cresciuta dall'8,7% al 14,2%.
L'obiettivo è rafforzare il legame tra debito pubblico e risparmio nazionale attraverso strumenti come i
BTP Valore, che offrono:
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cedole trimestrali,
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tassi crescenti nel tempo,
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premi di fedeltà a scadenza,
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tassazione agevolata al 12,5%,
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ed esclusione fino a 50.000 euro dal calcolo dell'ISEE.
A questi si aggiungono i BTP€i e i BTP Short Term, alternative ai conti correnti e con rendimenti più elevati e liquidità garantita.
Un'ulteriore raccomandazione riguarda il TFR: dal 2026 i lavoratori dovranno prestare attenzione al "silenzio-assenso" per la devoluzione del 25% del trattamento di fine rapporto ai fondi pensione (COMETA, PREVINDAI, Intesa Sanpaolo, Assoprevidenza), alcuni dei quali potrebbero essere coinvolti nei programmi di investimento collegati al riarmo.
9. Conclusione
La corsa europea al riarmo rischia di trasformare i risparmi dei cittadini in carburante per la macchina bellica.
Il piano ReArm Europe – Readiness 2030, attraverso SAFE e SIU, mira a mobilitare le immense risorse finanziarie private del continente, presentandole come strumenti di "difesa comune".
Ma se i risparmiatori non vigilassero, la "difesa" potrebbe diventare l'ennesima sottrazione di sovranità
economica.
Scegliere di investire in BTP Valore o in titoli di Stato italiani non significa solo proteggere il capitale,
ma anche riaffermare l'indipendenza finanziaria del Paese e dire no a un progetto che rischia di
trascinare l'Europa — ancora una volta — sul sentiero della guerra.